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atto secondo. — sc. ii. 227

Dolente io son.... di sacri ultimi detti....
D’un cavaliero al padre suo. Non questo
Di Mendrisio é il castel?
Gismonda.                                                 Sì. — Apportàtore
D’ultimi detti.... di?...
Gabriella.                                            Ariberto in queste
Braccia é spirato; e imposemi....
Gismonda.                                                                 A noi giunta
Già di sua morte era la fama. I brandi
Degli empi Milanesi, a cui fu duce,
A cui si stolto amor portò, per cui
Mise in non cale e consanguinei e gloria,
Lo trucidaro, e trucidàr con esso
Iacopo della Torre, e la figliuola
Di questo scellerato.
Gabriella.                                           In Milan nome
Iacopo della Torre ebbe di giusto.
Gismonda.Che?
Gabriella.             Placati: ei morì.
Gismonda.                                             Dal ciglio tuo
Una lagrima sgorga?
Gabriella.                                           Io.... di quel vecchio...
Era.... scudier.
Gismonda.                                Cela al mio sguardo un pianto
Che oltraggio a me saría. La figlia io sono
Di Villelmo da Lodi. A’truci sgherri
Che la mia casa estinsero, che in polve
Lodi volvean, fu capitan quel vecchio.
Io ‘l vidi allor grondante sangue il ferro,
Le mani, il volto orribilmente; e sangue
Era de’miei! Sia il nome suo esecrato!
Pianto su lui fuorché di vil non caggia!
Gabriella.Donna....
Gismonda.                    E la figlia sua, dimmi, colei
Che ad Ariberto piacque e a fellonia
Scaltramente il sedusse, era.... di tanta
Beltà splendente quanto è fama?
Gabriella.                                                                 A’ giorni