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atto primo. — sc. i, ii. | 217 |
Qual maledizïon sovra il suo capo
Fulminato abbi tu? quai giuramenti
Pronunciato io? Di Cesare un nemico,
Un traditor, null’altro emmi colui
Pur.... se fuggiasco io l’incontrassi, e aïta
A me chiedesse, oblierò un istante
del codardo i delitti.
Il Conte. Oh! a te non mai
Chiederà aïta.
Ermano. (Per partire.)
Gismonda. Sposo, ferma. Il nostro
Ricciardo non è quello?
Ermano. Esso?
SCENA II.
RICCIARDO, E DETTI.
Il Conte. Che rechi?
Milano?...
Ricciardo. Fu!
Il Conte, Ermano, Gismonda. Che dici?
Ricciardo. Io con quest’occhi
Precipitar la vidi: io con quest’occhi
Rasa vidi la terra ove s’estolse.
Il Conte. Oh spavento! Ella fu! l’altera donna
Delle province! la città che il pugno
Stese alla fronte degli augusti, e il serto
Sveller voleane ed a se stessa imporlo!
La città cui vittoria avea promesso
Quello infra i due pontefici di Roma
Quello che a tutti d’Occidente i regni
Legittimo parea! Bugiarda alfine
Ecco manifestata or d’Alessandro
La santità: pontefice verace
Vittore é adunque.
Ricciardo. Il fosse! Eppur bandita
Dal popolo atterrato anco la fede
In Alessandro appien non è. All’editto