Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/218


GISMONDA DA MENDRISIO.


— • —


ATTO PRIMO.


Sala.


— • —


SCENA I.


IL CONTE, ERMANO, GISMONDA.


 

Il Conte.Figlio, di tue gravi ferito appena
Saldo risorgi, e l’arme vesti? Omai
Di nostre valli uscir che giova? Estinta
La gran face di guerra, estinta è alfine,
Che fe’ si reo di Lombardia governo.
Ermano.Sacri alla pace del natio castello
Riviver bramo anch’io miei dì. Ma sprone
Oggi mi son vendetta e onor. Milano
Cade, se fama non mentía. Vederla
Vo’ nella sua ignominia, esser del crollo
Vo’ testimon. Soave, inebbriante
Vendetta fiami a tanti danni, a tanti
Scherni, a queste ferite! Onor, diss’io,
Spronami inoltre. Da più giorni i vinti
Schiuser le mura a Federico, e indarno
Pregan clemenza. Ei tace, e s’apparecchia
Alla giurata nel cuor suo tremenda,
Piena ruina; ma il decreto ei tarda
Per securarsi de’ fedeli il voto,
E scrutar forse chi secreta annidi
Pietà per gli empi, e l’odio suo si merti.
Deh, non sia ch’oltre il ver magnificate
Pensi il monarca mie ferite, e dica:
«Dubbia è la fè d’Erman, suoi pianti cela