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atto quinto. — sc. iv. 203

Iginia.                    No, padre: in quest’istante
Forza mi sento: non tardiam: potria
Venir men questa forza.
Arnoldo.                                        Ebber sentenza
Prima di te que’ miseri, e te quindi
Uso vuol che precedan: quivi a breve
Indugio ti rassegna.
Iginia.1                              I tuoi singhiozzi
Frena, mia buona Rienza: e genitori
E fratelli ti restano.... solinga,
Io sulla terra, io rimanea! Bisogno
Ho di morir! — Laura — Eloisa.... liete
Sieno, Eloisa, le tue nozze! Apprezzi
Guido il tuo cor, com’io l’apprezzo!2 — Oh andati
Giorni miei di speranza! Oh dolci cure
Di vicino imeneo!... No, Giulio stato
Immolator de’ suoi figli non fora!
Quant’io l’amava! e, all’amor pari, oh quanta
Di sue virtù magnanime la stima!
Troppo felice, troppo eri, o sperato
Avvenir! Ciò ai mortali il ciel non dona.
No, de’ tremendi tuoi decreti, o cielo,
A umana polve mormorar non lice:
Ma, deh, non ti sdegnar, s’io presso a morte
Questi palpiti serbo: amo, sì, ancora!
Giulio amo! Volli, e non potei, dal core
Nè in questo istante cancellarlo! Io ’l vedo
Pianger sopra il mio fato: il suo lamento
Odo: chi lo consola?... Ei più non cerca
Nè letizia, nè gloria: i giovani anni
Suoi.... son misero fior, che solitario

  1. Conserva per tutta la seguente parlata la presenza di mente: — abbraccia con gratitudine lo zio; poi abbraccia la damigella che le sta al fianco: le altre donne vorrebbero abbracciarla pure; conosce il pio desiderio di esse, e lo appaga: le abbraccia lungamente una dopo l’altra. — Ella non piange e vorrebbe col dignitoso sembiante ispirar coraggio altrui. — Tutto il popolo è commosso. — Iginia mostra una particolare tenerezza a quelle a cui parla.
  2. Si stacca da quella giovinetta.