Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto terzo. — sc. v, vi. | 183 |
Arnoldo.1 Dove t’inoltri? Arretra.
Quinci agli sgherri incontro movi.
Evrardo.2 Arnoldo,
Sgombrami il passo.
SCENA VI.
ROFFREDO, GIANO, Guardie, e detti.
Evrardo. A voi dinanzi addotta
Da me venía: traggasi in ferri. Prima
Che genitor, fu cittadino Evrardo!3
Roffredo. Oh detti! Oh grande!
Arnoldo. Snaturato!
Giano.4 Udito
Dalle labbra di lei?...
Evrardo. Dubbia è sua colpa:
A me non spetta il giudicarne. — Ahi dura
Condizïon di padre a ingrata prole!
Del proprio sangue esser nemico! — Il cielo
Forza mi dia! — Deh, m’ingannassi, e al seno
Stringer novellamente un dì qual figlia
Costei potessi! Ma qual siasi fato
Che a mia vecchiezza misera s’appresta,
Di duol.... ma giusto cittadin, morrò.
Ite: meco lasciatemi: potria
Involontario sul paterno ciglio
Pianto sgorgar, che al consol non s’addice.
Iginia.5Padre, così m’immoli?
Roffredo. O primo invero
Fra i ghibellini! Conosciuta appieno
Non era ancor la tua virtù!6