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atto terzo. — sc. iv, v. 181


No, Iginia, d’uopo di clemenza ancora
Dal tuo amante non ho: credi, ardua cosa
È il vincer chi alla destra ha pari il senno.
Venti guerre e sommosse e tradimenti
Vidi, e a salir sempre mi fur sgabello.
Chi sa?... — Ma il grave arcano ora il senato
Da Evrardo apprenda, e tu mi segui.
Iginia.Io....


SCENA V.

ARNOLDO, e detti.


Arnoldo.1                                                            Ferma!
La figlia tua da’ furibondi salva.
Evrardo.Come?
Arnoldo.           In carcer la vonno.
Iginia.                                              Oh ciel!
Evrardo.                                                             Roberta
Forse fra strazii?...
Arnoldo.                                         Minacciata indarno
Ella sinor venía. Ma de’ Solari
Un servo favellò: per lui svelato
Di molti cittadini è il tradimento.
Già in ceppi....
Evrardo.                                         Scellerata! E a me palese
Tutto non festi? Io potea còrre il frutto
Dello scoverto tradimento: or altri
Gloria e favor ne tragge! — 2 Deh, prosiegui:
Già in ceppi, chi?
Arnoldo.                                         Guido Castelli, e Isnardi,
Ed altri. È noto, che a tramar con essi
Il nemico guerrier venne: or s’accresce
Il sospetto, che a inutil parlamento
Ei qui mosso non abbia. Io contro a Giano
Lungamente contesi, asseverando
Che a giovane donzella e ignota cura
Il parteggiar di stato, e che amor guida

  1. Entra precipitoso.
  2. Ad Arnoldo.