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162 iginia d'asti

Mentre pari a’ più splendidi monarchi
Di cortigiani un vile stuol lo acclama,
Niun sa, che al fianco suo dianzi un nemico,
Un guelfo s’accostava.
Iginia.                                        Ohimè! in periglio....
Roberta.No: il ciel non volle che feroci spirti
Questo guelfo portasse.
Iginia.                                   E occulto....
Roberta.Io il vidi,
E pe’ giorni del tuo padre tremai,
E pe’suoi giorni stessi. Oh, guai, se alcuno
Riconosceal! Di sangue intrisa certo
Venia la festa. — Ratta io dalla turba
Lunge trassi l’incauto: — amata figlia,
Deh, non biasmarmi: forza erami udirlo,
E nasconderlo....
Iginia.                              Chi? dove?
Roberta.                                             T’acqueta.
Scorgesti un vecchio cavalier dall’ombre
Del più folto boschetto al rilucente
Vial de’ tigli scorrere, e più volte
Rinselvarsi, e apparir, quindi appressarsi
Al sedil nostro?
Iginia.                              Al padre io l’additai,
Ma già lontano era l’ignoto, e il padre
Nol ravvisò: teco il rividi poscia
In segreto colloquio, e tu il seguisti.
Roberta.Passato erami accanto, e da’ negri occhi
Tal guardo in me vibrò, ch’io ’l riconobbi.
Atterrita ammutisco: ed ei: «Roberta,
» Bada, son io, m’ascolta.» A quella voce
Più non v’ha dubbio: che far deggio? orrende
Sciagure penso: Evrardo mai da guelfi
Cinto sarebbe? — Gridar quasi io volli
«Al tradimento!» ma rattenne Iddio
La funesta parola; e sulle tracce
Del travisato cavalier mi spinse.
Il seguo: ci appartiam.