Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/127

122 ester d'engaddi

È già il fallir, che inverecondo esulta?
Trema!
Ester.               Secura l’innocenza è sempre.
Azaria.Oh baldanza! ma tarda è. Già m’è noto
Che mentre al campo io stava, a parlamenti
Ester furtivi, e innanzi giorno e a sera,
Col suo amante venía. Cogli occhi miei
Or me ne accerto: e so ch’Ester è avanzo
Ultimo di sua stirpe (ah, d’esecranda,
Apostata, pur troppo, iniqua stirpe! )
So ch’uom non evvi in terra, a cui dar possa
Senza colpa Ester detti occulti e pianto:
Insomma, più ch’io non vorrei, tua colpa
Emmi chiara, innegabile: e tu accresci
Lo sdegno mio coll’impudenza.
Ester.                                                            Il padre....
Azaria.Rammentar osi che un fellon t’è padre?
Così nol sapess’io! così tu stessa
Non mi mostrassi che smentir non puossi
Reo nascimento mai! La fè, l’onore
Aversi a scherno, ereditario è dritto
In voi, genía di Galilei! sembianza
Umíl, santa, pudica, e in cor l’altare
Del rio demon, l’ipocrisia, la gioia
Crudel del mal! — Me affascinato ed empio
Che i nemici di Dio miei non chiamava!
Ma d’abborrirli eternamente or giuro,
Più che i Romani non abborro.
Ester.                                                            Arresta:
Sappi....
Azaria.               E inseguirli ovunque, e sterminarli
Giuro, e lavare ad Israel la taccia
D’avere infetto di tal peste il mondo!
Ma qual tremor m’invade? Oh! scelto avessi
Infra i seguaci della Croce il drudo?
Nobile amor! più di te degno! E gioia
Maggior n’avrà questo assetato, fido
Brando giudeo. — Colui mi noma: intendi?