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atto primo.—sc. ii. 95

Mèsse, o padre, coglievi: or abbia pace
Tua guerriera alma. In securtà si posa
Questo a Israel da te fondato albergo.
Dalle fauci de’ monti, unico passo
Agli audaci avversari, i pochi cento,
De’ mille e mille, il sai, rompon l’orgoglio.
Acquetati.
Eleazaro.                         Mi narra. A te benigna
Dunque è Azaria? De’ suoi congiunti l’odio
Non eredò contro il mio sangue? Oh quanto
Piansi, in Gerusalem, quando, di ferri
Carco, in orrida carcere io rinvenni
Altro, a me par’, cristiano esul d’Engaddi,
Che di tue nozze mi fe’ conscio! Nuora
La figlia mia di chi primier le pietre
Sovra il proscritto mio capo scagliava!
Ester.E piansi io pure allor: ma la mestizia
Della misera sposa al signor mio
Non recò sdegno: e pur mi amò: più forse
Quindi ei mi amò; nè più abborrirlo io seppi.
Ai suoi feri congiunti, ei negl’istanti
D’ira, somiglia; ma sovr’Ester mai
L’ira sua non balena: io con umile,
Timido ossequio, anche da altrui la pronta
Del giovine bollente ira talvolta
Rimovo: e poscia ei men sa grado: e dice
Ch’ei vorrebbe con mite alma esser nato,
Onde mertar ch’io più l’amassi. Oh, schiavo
Non fosse egli di scaltro, iniquo spirto
Che al laccio il prese d’amistà e di santa
Sacerdotal virtù mentita, e spesso
Il fa men pio!
Eleazaro.                              Di Jefte....
Ester.                                                            Solo io tremo.
Costui per or (finchè propizio io m’abbia
Lo sposo a te) con ogni cura fuggi.
Della Croce a’ seguaci, ah, nol vid’io,
Nuovo ispirato Samuello agli atti,