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manzoni maltrattato | 493 |
sempre ispirò il cuore», esce a dire: «Il Grossi fu amorosamente curato nella sua malattia mortale, non così il povero Alessandro Manzoni. Andrea Verga mi diceva convinto che, nelle smaniose inquietudini delle ultime ore del quasi nonagenario Poeta cittadino del mondo, vilissimi, crudeli infermieri gli devono aver menati pugni poderosi sui fianchi per ridurlo alla quiete: il celebre medico, che visitò il cadavere del Manzoni, lo arguì dalle larghe lividure notato da lui appunto sui fianchi».
Non so se codesta rivelazione, che viene così tardiva, riesca più incresciosa o più inaspettata. Possibile? Un uomo che tutto il mondo aveva ammirato, e riveriva quasi un monumento vivente dell’Italia rigenerata; il santo vegliardo che tutta l’Italia circondava d’un amore più che filiale, e questa sua Milano venerava con la devozione affettuosa e tenera ond’essa venera il suo Duomo: sarebbe dunque negli ultimi istanti rimasto alla mercè di goffi e crudeli infermieri, reclutati a casaccio? Possibile che proprio negli ultimi giorni, in cui quella mirabile intelligenza, rimasta così a lungo lucida e fulgida, si ottenebrava sotto il pondo immane degli anni, i familiari abbandonassero, con tanta incoscienza, in mani mercenario così lesto e vigorose, quella spoglia che tra poco sarebbe rimasta «orba di tanto spiro»? Ma il Manzoni non infermò e non si spense proprio in quella sua casa di via Morone, ch’egli aveva acquistata con tanto compiacimento, il cui giardino aveva curato con tanto studio e tanto amore, dove aveva allevati i suoi cari uccelletti canori ? in quella casa, dove gli eran nati i numerosi figliuoli, e gl’Inni e le Odi e le Tragedie e il Romanzo, e dove ora gli facevan corona le figliuole del suo primogenito?...
Si capisce come, davanti allo strano racconto, un lettore, cui manchi il tempo di ponderare e il modo d’appurare i fatti e le asserzioni, rabbrividisca. «Come non rabbrividire al racconto d’infami percosse che gl’infermieri infliggevano al grande poeta moribondo?...», esclama difatto Pompeo Molmenti, in una recensione del libro del Barbiera ristampata nell’Illustrazione popolare. Ma mi pare che si capisca ugualmente come uno studioso del Manzoni senta