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di questo ce n’è, altro che il bene da lui fatto o dotto. Ditegli che mi voglia un po’ bene o parceque o quoique, che si traducono in avvegnadiochè tutt’o duo.

A buon conto, qualcosa bisognava dirgli, e fargli intendere che a casa Manzoni egli non bazzicava più. Come se la cavasse non so, e non credo che siano state conservate queste lettere del Cantù al Tommaseo. Il 26 giugno tuttavia il Tommaseo scatta: «Ma che! Il Manzoni non riceve più la mattina visite d’intimi? E quando lo vedete voi?». E il 6 luglio: «Mi dicono che D. Giulia in campagna è come sola, e il figliuolo tutto moglie»; e giù la citazione dei versi oraziani, dove del Tevere che straripa per amore d’Ilia corrucciata, è detto uxorius amnis. E il 29 agosto: «Sento che il Manzoni s’apparecchia a stampare. Iddio signore lo benedica. Salutatemi donna Giulia». E soggiunge: «Dicono che de’ vecchi amici di casa Manzoni parecchi si son ritirati. Ed egli che dice? Il Grossi non istà più seco?».

S’indovina che il Cantù non s’intratteneva più volentieri su quell’argomento. Ma egli insiste, pertinace. Il 13 febbraio del 1838, da Nantes: «E il Manzoni che fa? di lui mi dite sempre le cose ammezzate». E il 3 marzo: «Quante volte al mese vedete voi Alessandro? E il Torti ci va egli sovente? Si rammenta egli il Manzoni di me? Salutatemelo e scrivetemene in dettaglio (come dicono qui) senza forbici». E il 22 marzo: «Dal Manzoni non ci andate voi più? Salutatemi donna Giulia; e parlatele del mio filiale rispetto». E il 23 soggiunge: «Il Coeur è qui» (era un famoso predicatore, emulo di Lacordaire). «M’avevate promesso parlarmi del suo colloquio col Manzoni, il quale già so che si manifestò più cattolico del bravo prete. Ditemene qualcosa».

Il 13 aprile ripiglia: «E riguardo a me, è egli mutato il Manzoni? Ma che? tutti i suoi maschi pigliano cattiva piega?». E il 16 giugno: «Donna Giulia è lasciata un po’ in un cantone; non maltrattata, spero. Salutatemela sempre. Le figliuole debbono aver già passati i vent’anni. Altre fisonomie dalla Giulia ch’è morta. Almeno parevano da bambine. Dell’anima del padre nulla a nessuno. Gli è un destino, si vede». Giudizio avventato e malignazione gra-