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dell’illustro suo corrispondente parigino. Era «bassa voglia» udire e raccogliere e diffondere quelle ciarle. E Gino Capponi ne toccava già, con signorile accoramento, al Tommaseo, il 29 aprile: «Il Manzoni ristampa il Romanzo corretto, con l’aggiunta della Colonna Infame e con vignette di Hayez a mezzo la pagina. La moglie lo fa lavorare. Pover’uomo, ne aveva proprio bisogno! Cessi ogni ria parola. Chi s’arrogherà d’intendere un uomo?».

Oh sì che il Tommaseo e il Cantù eran buoni di tenere a freno la loro lingua! Il 7 aprile, il primo aveva chiesto al secondo: «Godo che il Manzoni s’apparecchi a stampare. S’egli sapesse quanto bene e quanto piacere fanno le cose sue, aprirebbe le ali delle mani con meno ritegno. È egli vero che D. Giulia è un po’ in broncio con la nuora? Se la reggeva tanto!». Non so cosa rispondesse il Cantù; ma so che il Tommaseo ripicchiava, l’11 maggio: «Di don Alessandro mi dispiace proprio. Che il Grossi e altri non possano almeno impedire i pettegolezzi grossi? E come passa egli il tempo, se non iscrive?». E intanto è felice di rassicurare il Capponi, che, como s’è visto, si doleva che il povero Manzoni fosse dalla nuova Santippe costretto a lavorare. Il 14 gli scrive: «Il Manzoni, signor mio, non fa nulla. La nuora è un capettaccio, la suocera fiotta, le figliastre imbronciate». E gli amici ed ammiratori, vicini e lontani, che erano di grazia e che facevano?...

Ma anche la pazienza di don Alessandro aveva un limite; e un bel giorno, al domestico che gli annunziò la visita del così detto amico milanese, egli impose di dirgli che per lui non era più in casa. L’amico se l’ebbe per detto. Ma certe scenette rincresce narrarle, anche se per lamentarsene. E il Tommaseo, non sospettando di nulla, continuava a incaricare di piccole commissioni il corrispondente milanese. Una volta lo esorta a salutare don Alessandro e donna Giulia, e «pregar lei di non dimenticare il dolce nome che la mi permise già». Un’altra gli scrive:

Dite al Manzoni ch’io gli debbo confessare un peccato. Vendei per gl’Italiani poveri, all’incanto della Belgioioso, due biglietti di lui, i quali non contenevano però cose ch’egli potesse volere celate: se pure