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462 | illustrazioni e discussioni, iv |
se mit à applaudir aussi, convaincu que les applaudissements ne s’adressaient qu’à M. de Cavour1.
Il 5 ottobre del ’62, rispondendo al Giorgini, che gli aveva comunicato il desiderio del ministro Broglio, perchè si degnasse d’accettare la presidenza, se non altro onoraria, della Commissione cui era deferito d’additare i mezzi più efficaci a conseguire l’unificazione della lingua, il Manzoni, chiamato a scegliere tra le due utopie che più lo appassionavano, dell’unità linguistica con la capitale a Firenze, e della politica con la capitale a Roma, intra questi «due cibi distanti e moventi d’un modo», non esitava un momento a decidersi per la seconda. Gli scriveva da Brusuglio:
Tu inviti a un lauto banchetto un uomo che ha lo stomaco rovinato. O mihi praeteritos referat si Juppiter annos! Sai che è ciò che ho sempre desiderato, e che, dopo l’Italia, il mio secondo sospiro è stata da anni e anni quella che sola poteva esser la lingua italiana. Ma ora la mia poca attività se n’è andata, e non mi rimane che la forza di desiderare. Dunque una parte efficace non ce la posso prendere; e riguardo al titolo di presidente d’una commissione, che con tanta degnazione e indulgenza mi viene offerto, sappi, caro Bista, che dell’avere avuti altri titoli in partibus e senza far nulla, ho provata tanta vergogna e così continua, che non mi saprei mai più risolvere a una cosa simile. Aggiungi le domande seccanti che ti fanno quelli che credono che tu sia quale ti nomini, i rimproveri gentili e non meno seccanti di quelli che sanno che non fai nulla, la taccia di vanità che t’è data da altri dietro le spalle etc. — Insomma non posso che ripeterti ciò che scrissi a Massimo in un caso dello stesso genere, cioè che ho provato quanto pesino alle volte i carichi che non si portano. Dico questo, perchè tu mi parli di presidenza nominale; se però non si trattasse che d’essere uno dei membri della commissione a cui tu appartieni, accetterei l’onore non meritato o non meritando, nella speranza che i membri siano in buon numero, tanto che un nullo non ci faccia nè mancanza nè scandolo.
Del resto chi ha voluta la cosa non ha bisogno che gli si indichi il modo. La difficoltà non è lì, tanto il modo è semplice e indicato dalla cosa medesima; dico per chi intende quale sia la cosa che si deve volere; e chi l’ha voluta, è perchè l’ha intesa. Il più è il trovare i molti e molti che ci vogliono per un lavoro, la di cui materia è tanto vasta e dispersa.
E qui si diffondeva sulla necessità di aver sotto mani molti vocabolarii vernacoli, e di rivedere e correggere «il cosiddetto italiano che c’è messo di fronte»; toccava dei
- ↑ Cfr. G. Gallavresi, Fonti sconosciute e poco note per la biografia di Alessandro Manzoni; Milano, 1908, p. 29.