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tunno di quell’anno fortunoso, nonostante ogni sua protesta, fu con unanime consenso eletto deputato del collegio di Arona, egli, ringraziando dell’«alto onore», rinunziò risolutamente al «difficile incarico che va unito con un tale onore, anzi ne è fondamento». Si sentiva «inabile» a sostenerlo. «La conoscenza di me medesimo», soggiungeva, partecipando la sua risoluzione al Presidente della Camera piemontese, «m’avverte troppo chiaramente che mi manca più d’una qualità essenziale a un deputato. È un dovere impiegare le proprie forze in servizio della patria; ma, dopo averlo misurate, il lasciar libero un posto importantissimo a chi possa più degnamente occuparlo, è una maniera di servirla: povera e trista maniera, ma l’unica in questo caso».

Un ragionamento codesto che può a tutta prima sembrare strano ed eccessivamente modesto; e stranissimo e stravagantissimo a noi, usi a sentirci premere e sballottare dalla ressa di quei tanti che, «senza chiamare», gridano d’esser pronti a sobbarcarsi al ponderoso ufficio di rematori della galera governativa. Il vero è che esso non era nè strano nè bizzarro; come invece sarebbe stato se il Manzoni avesse detto che tutti gli altri eletti fossero al caso d’indagar meglio di lui le vicende della Storia longobardica in Italia, ovvero di riesaminare il processo della Colonna Infame. E non parlo di proposito del Romanzo, delle Tragedie, degl’Inni, perchè il Manzoni era il primo a deplorare che, di là dalle Alpi, romanzieri e poeti si credessero abili a manovrare il timone dello Stato. Un’eccellenza quale egli era, si capisce che non dovesse o potesse rassegnarsi alla parto di gregario: il suo sì o il suo no portava la firma del maggior poeta vivente d’Italia. Non voleva che ci fossero o continuassero a esserci lupi, i fieri lupi che tanta guerra avean data e davano all’Italia; ma nemmeno si rassegnava a esser lui una di quelle pecorelle che, al cenno del

    fra gli clementi provinciali che costituiscono attualmente il paese..... Noi combatteremo dunque, inesorabili, per l’Unità...». Cfr. Massarani, C. Tenca e il pensiero civile del suo tempo; Milano, Hoepli, 1886, p. 62 ss.