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manzoni e roma laica 439

uno dei suoi discorsi più fulgidi. Soprattutto ei s’indugiò a dissipare ogni sospetto che quel trasferimento volesse comunque significare rinunzia a Roma. E il suo ordine del giorno, puro e semplice, accolto dal Ministero, raccolse il largo consenso dell’assemblea. Quindi il disegno di legge fu presentato al Senato.

Il senatore Alessandro Manzoni, che fra tre mesi avrebbe compiuti gli ottanta anni, non volle mancare all’appello. Al Senato egli non era intervenuto, fin allora, so non quella volta sola, il 26 febbraio del 1861, per dare il suo voto alla proclamazione di Vittorio Emanuele a Re d’Italia; ebbene, vi tornava, per dare il suo voto alla legge, la quale riconsacrava l’unità della nazione e le aspirazioni e il diritto degli Italiani ad avere per loro capitale Roma, Roma laica! Ce déplorable Manzoni! Fu tentato ogni mezzo perchè lo scandalo non avvenisse. Gli amici Collegno o Arconati-Visconti ricorsero anche al Giorgini acciò che trattenesse a Milano l’illustre e temerario suocero. Ma pare che si dirigessero male, perché al Giorgini non dispiaceva punto che il Manzoni portasse l’immensa autorità del suo nome in favore della legge. Il D’Azeglio invece si agitava assai perchè il viaggio non avvenisse. Egli scriveva assicurando che la legge «sarebbe stata votata», che «tutti i senatori piemontesi eran pronti a questo sacrificio»; ma, per amor di Dio, non venisse lui, dacché il voto d’un milanese, e d’un tal milanese, avrebbe peggio attizzati i malumori e le rivalità fra lo due regioni padane. Giacomo Lacàita narrò al Panizzi come il D’Azeglio ricorresse per aiuto fino al prevosto di San Fedele, don Giulio Ratti; ma quando questi si recò in casa Manzoni, trovò che il maraviglioso vegliardo era già partito, nelle ore mattinali, per Torino. Non gli rimase di meglio a fare che mandargli dietro la lunga lettera esor-

    momento non è che una umiliazione e un imbroglio di più. La sapienza del Cavour, che invocò lo straniero intendendo di canzonarlo, comincia a portare i suoi frutti. Spostarono i vecchi principi: adesso tocca a spostarsi loro. Torino non avea stomaco da ingoiare Firenze e tutta Italia; avrebbe adesso a rimaner ingoiata: ma dove lo stomaco che la digerisca? S’andrà innanzi a forza di spropositi dalla parte degl’italiani, e a forza di miracoli dalla parto di Dio».