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quale è un vero monumento di fierezza, di perspicacia, di lealtà, e di carità patria. Innanzi al Sovrano francese egli difende l’Italia «a viso aperto», come aveva fatto il progenitore Farinata. Scriveva tra l’altro:

L’Empereur a arrêté sa grande oeuvre devant le fantôme de Rome: après il s’est égaré... Je crois qu’il n’y a pas de temps à perdre, et qu’il faut... que Rome soit rendue aur Romains. Dans ces mots se trouve la seule, la véritable solution de cette difficulté: Rome rendue sans delai aux Romains. Il faut que la France généreuse, libérale, ne soit pas forcée è se soumettre à une tâche aussi contraire à ses nobles instincts, celle d’appuyer un Gouvernement et un pouvoir qui est la honte des temps modernes, le recluseur des brigands et des voleurs; il faut che l’Empereur cesse de peser aussi funestement sur la volonté de cette Italie, qui sera en tous les temps la naturelle alliée de la France; il faut qu’il cesse d’empêcher son libre essort, et qu’il ne détruise son oeuvre: il faut qu’il laisse aux Romains, qui sont des Italiens, la parfaite disponibilité de leur volontè, que les baionettes de la France ont jusqu’ici suffoquée d’accord avec la brutalité papale. S’il tarde è faire cela, je prévois de grends malheurs1.

Difatto, meno d’un mese dopo, il 29 agosto ’62, avveniva il disgraziatissimo fatto d’Aspromonte! Eppure, a metà di quel mese, il 13 agosto, il D’Azeglio, scrivendo a Eugenio Rendu, gli diceva che se Napoleone III ci avesse liberato dall’incubo di Roma capitale, egli avrebbe reso all’Italia un servigio non minore di quello che lo rese sul campo di Solferino! Ma che s’intendeva con la frase: «liberati dall’incubo di Roma capitale»? Qui era il punto; e su di esso l’onorevole genero non andava d’accordo con l’onorandissimo suocero.

Il D’Azeglio mandò al Manzoni una copia dell’opuscolo del Rendu, La souveraineté pontificale et l’Italie. E il 9 aprile del 1863, papà Alessandro gli rispondeva:

Ho ricevuto l’opuscolo che mi avevi annunziato, e insieme una lettera cortesissima dell’autore. Trovo nell’opuscolo molti fatti cavati fuori a proposito, e dei ragionamenti solidi; ma, non so se per mia colpa, non ne trovo abbastanza chiara la conclusione pratica. Più esplicita è la tua lettera, citata nella prefazione; ma al punto dove sono arrivate le cose e le volontà, dall’ultima volta che ci siamo visti, ti confesso che mi pare che, se ci possono essere delle soluzioni ragionate, non ce ne possano essere delle riuscibili per ora, e Dio sa fino a quando.

  1. M. Scherillo, Napoleone III e Cavour, lettere inedite; nella Nuova Antologia del 16 agosto 1910.