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manzoni e cavour 427



Due mesi dopo che Cavour aveva riprese lo redini del Governo, il plebiscito degli 11 marzo riconfermava Vittorio Emanuele re dalle Alpi al Mincio e all’Arno; tre mesi e mezzo dopo, i Mille salpavano da Quarto. «Il conte di Cavour è il vero uomo di Stato», esclamò il Manzoni; «ne ha di solito tutta la prudenza, ma, al momento buono, l’imprudenza». E alla contessa Verri-Jacopetti, che abilmente lo interrogava sugli avvenimenti che tenevano tutti in ansia, «Quando la Provvidenza», disse, «vuol fare qualche cosa di bene a un popolo, gli invia a governarlo un uomo come il conte di Cavour»1.

E proprio lui, il Manzoni, avrebbe voluto narrare la storia maravigliosa di quei giorni. Il narratore sarebbe stato degno dei fatti. Ma la mano gli cadde stanca sulle pagine che sarebbero state eterne. Non giunse che ad abbozzare il quadro; e l’abbozzo è per se solo un capolavoro.

Mi si consenta che ne trascriva un tratto.

La vita d’una Nazione — ei lasciò scritto — non può essere un dono d’altri2. E bensì vero che una Nazione divisa in brani, inerme nella massima parte, e compressa da una preponderante, ordinata e vigilante forza straniera, non potrebbe da sè rivendicare il suo diritto d’essere: e questa è la sua infelicità, e un ricordo di modestia. Ma è vero altresì che non lo potrebbe nemmeno con qualunque più pode-

  1. La contessa s’affrettò a riferire una così autorevole e lusinghiera sentenza a un alto personaggio del Ministero degli Esteri; che ne trascrisse «le precise parole» e comunicò al Ministro, giacchè, è detto in un foglietto che si conserva nel Museo del Risorgimento a Roma, «la stessa Contessa brama siano rese note per mio mezzo all’E. V.».
  2. Cfr. nel Marzo 1821: «Il suo fato, un segreto d’altrui»; e le parole di Cavour alla Camera, il 14 marzo 1857: «L’aiuto di un’estera potenza non renderebbe meno utile la fortezza d’Alessandria, giacché onde quest’aiuto riesca per noi veramente efficace..., sarebbe necessario che prima di fare assegno sull’aiuto altrui facessimo calcolo sulle proprie forze. Allora l’aiuto altrui può tornarci utile immediatamente, e non può aver funeste conseguenze. Quando il paese aggredito avesse fatto tutti i suoi sforzi, avesse resistito, gagliardamente resistito, il soccorso altrui non sarebbe una umiliazione, ma un sussidio valevole a compiere forse grandi imprese».