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398 | poesie non accolte dall’autore |
L’IRA D’APOLLO
per la lettera semiseria di grisostomo
Vidi (credi, se il vuoi, volgo profano!)
Vidi, là dove inalzasi
E nel Lario si specchia il Baradello
Il Delfico calar Nume sovrano,
5E su la torre aeria
Ristar de l’antichissimo Castello.
Gli spirava dal volto ira divina,
E da la chioma odor d’ambrosia fina.
Sperai che, quale in su la rupe ascrea,
10O sul giogo parnassio,
Dolce suono ei trarria da la sua cetra;
Ma il Nume che tutt’altro in testa avea,
Piegando il braccio eburneo,
Stese la man sul tergo a la faretra,
15Con due dita ne tolse acuto strale,
L’arco tese: fremè l’arco mortale.
Ove su l’ampio verdeggiar dei prati,
Fra i balli delle Najadi,
Sorge l’alta Milan, la mira ei volse:
20Me comprese terror pei lari amati,
E da le labbra tremule
La voce a stento ad implorar si sciolse:
«Ferma, che fai? deh! non ferir; perdona,
Santo figlio di Giove e di Latona!»
25Al dardo impazïente il vol ritenne,
E a me rivolto in placido
Sembiante, a dir mi prese il Dio di Delo:
«Fino a noi da quei lidi il grido venne