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urania 397

     Ebbe, o Pindaro, Urania. E s’oggi, o figlio,
     Tanto amor non ti valse, ell’è d’un Nume
     Vendetta: incauto, che a le Grazie il culto
     325Negasti, a l’alme del favor ministre
     Dee, senza cui nè gl’Immortai son usi
     Mover mai danza o moderar convito.
     Da lor sol vien se cosa in fra i mortali
     È di gentile, e sol qua giù nel canto
     330Vivrà che lingua dal pensier profondo
     Con la fortuna de le Grazie attinga;
     Queste implora coi voti, ed al perdono
     Facili or piega. E la rapita lode
     Più non ti dolga. A giovin quercia accanto
     335Talor felce orgogliosa il suolo usurpa,
     E cresce in selva, e il gentil ramo eccede
     Col breve onor de le digiune frondi:
     Ed ecco il verno la dissipa; e intanto
     Tacitamente il solitario arbusto
     340Gran parte abbranca di terreno, e, mille
     Rami nutrendo nel felice tronco,
     Al grato pellegrin l’ombra prepara.
     Signor così de gl’inni eterni, un giorno,
     Solo in Olimpia regnerai: compagna
     345Questa lira al tuo canto, a te sovente
     Il tuo destino e l’amor mio rimembri.

Tacque, e porse la cetra: indi rivolta,
     Candida luce la ricinse: aperte
     Le azzurre penne s’agitar sul tergo,
     350Mentre nel folto de la selva al guardo
     Del suo Poeta s’involò. La Diva
     Ei riconobbe, e di terror, di lieta
     Maraviglia compunto, il prezioso
     Dono tenea: ne l’infiammata fronte
     355Fremean d’Urania le parole e l’alta
     Promessa e il fato: e la commossa corda,
     Memore ancor del pollice divino,
     Con lungo mormorar gli rispondea.

1809