Farsi de l’ardue menti aprir le porte:
La forza sol de l’arti vostre il puote: 210Là giù dunque movete: a voi seguaci
Vengan le Grazie; e senza voi men bella
Già la mia reggia il tornar vostro attende.
Tacque a tanto il Saturnio; e su gli estremi
Detti, dal ciglio e da le labra rise 215Blandamente. Al divino atto commossa
Balzò l’eterea vetta, e d’improvviso
Di tutta luce biondeggiò l’Olimpo.
Nel primo aspetto de la terra intanto
Il lungo duol de le Virtù neglette 220Vider le Muse: ma di lor la prima
Chi fu che volse le propizie cure
I bei precetti ad avverar del Padre?
Calliope fu che fra i mortali accorta
Orfeo trascelse; e sì l’amò che il nome 225A lui di figlio non negò. Vicina
A l’orecchio di lui, ma non veduta,
Stette la Diva, e de l’alunno al core
Sciolse la bella voce onde si noma.
Il bel consiglio di Calliope tutte 230Imitar le sorelle; e d’un eletto
Mortal maestra al par fatta ciascuna,
L’alme col canto ivan tentando, e l’ira
Vincea quel canto de le ferree menti.
Così dal sangue e dal ferino istinto 235Tolser quei pochi in prima; indi lo sguardo
Di lor, che a terra ancor tenea il costume
Che del passato l’avvenir fa servo,
Levar di nova forza avvalorato.
E quei gli occhi giraro, e vider tutta 240La compagnia de gli stranier divini,
Che a le Dire fea guerra. Ove furente
Imperversar la Crudeltà solea,
Orribil mostro che ferisce e ride,
Vider Pietà che, mollemente intorno 245Ai cor fremendo, dei veduti mali