20Tacquero, è ver, ma l’infelice amica
Mai non lasciar; chè ad alte cose al fine
L’itala Poesia, bella, aspettata,
Mirabil virgo, da le turpi emerse
Unniche nozze. E tu le bende e il manto 25Primo le desti, e ad illibate fonti
La conducesti; e ne le danze sacre
Tu le insegnasti ad emular la madre,
Tu de l’ira maestro e del sorriso,
Divo Alighier, le fosti. In lunga notte 30Giaceva il mondo, e tu splendevi solo,
Tu nostro: e tale, allor che il guardo primo
Su la vedova terra il sole invia,
Nol sa la valle ancora e la cortese
Vital pioggia di luce ancor non beve, 35E già dorata il monte erge la cima.
A queste alme d’Italia abitatrici
Di lodi un serto in pria non colte or tesso;
Chè vil fra ’l volgo odo vagar parola
Che le Dive sorelle osa insultando 40Interrogar che valga a l’infelice
Mortal del canto il dono. Onde una brama
In cor mi sorge di cantar gli antichi
Beneficj che prodighe a l’ingrato
Recar le Muse. Urania al suo diletto 45Pindaro li cantò. Perchè di tanto
Degnò la Dea l’alto poeta e come,
Dirò da prima; indi i celesti accenti
Ricorderò, se amica ella m’ispira.
Fama è che a lui ne la vocal tenzone 50Rapisse il lauro la minor Corinna
Misero! e non sapea di quanto dio
L’ira il premea; chè a la famosa Delfo
Venendo, i poggi d’Elicona e il fonte
Del bel Permesso ei salutando ascese; 55Ma d’Orcomene, ove le Grazie han culto,
Il cammin sacro omise. Il dèvio passo