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in morte di carlo imbonati 381

     Bacio materno. Io favellava ancora,
     Quand’ei l’umido ciglio e le man giunte
     90Alzando inver lo loco onde a me venne,
     Mestamente sorrise, e: Se non fosse
     Ch’io t’amo tanto, io pregherei che ratto
     Quell’anima gentil fuor de le membra
     Prendesse il vol, per chiuder l’ali in grembo
     95Di Quei, ch’eterna ciò che a Lui somiglia.
     Chè finch’io non la veggo, e ch’io son certo
     Di mai più non lasciarla, esser felice
     Pienamente non posso. A questi accenti
     Chinammo il volto, e taciti ristemmo:
     100Ma per gli occhi d’entrambi il cor parlava.
     Poi che il pianto e i singulti a le parole
     Dieder la via, ripresi: A le sue piaghe
     Sarà dittamo e latte il raccontarle
     Che del tuo dolce aspetto io fui beato,
     105E ridirle i tuoi detti. Ora, per lei
     Ten prego, dammi che d’un dubbio fero
     Toglierla io possa. Allor che de la vita
     Fosti al fin presso, o spasimo, o difetto
     Di possanza vital feceti a gli occhi
     110Il dardo balenar che ti percosse?
     O pur ti giunse impreveduto e mite?
     Come da sonno, rispondea, si solve
     Uom, che nè brama nè timor governa,
     Dolcemente così dal mortal carco
     115Mi sentii sviluppato; e volto indietro,
     Per cercar lei, che al fianco mio mi stava,
     Più non la vidi. E s’anco avessi innanzi
     Saputo il mio morir, per lei soltanto
     Avrei pianto, e per te: se ciò non era,
     120Che dolermi dovea? Forse il partirmi
     Da questa terra, ov’è il ben far portento,
     E somma lode il non aver peccato?
     Dove il pensier da la parola è sempre
     Altro, e virtù per ogni labbro ad alta
     125Voce lodata, ma nei cor derisa;