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Il sonetto erotico Se pien d’alto disdegno..., di schietta ispirazione alfieriana, fu dal Manzoni scritto tra i sedici e i diciassette anni. Di esso veniva data notizia, fin dal 1829, nel t. III, p. 57-58, delle Opere di Alessandro Manzoni milanese, Firenze, fratelli Batelli, nello scritto, che par certo del Tommasèo, Delle poesie giovenili d’Alessandro Manzoni e quindi del suo modo d’imitare gli antichi. Ma non se ne riferiva se non l’ultimo verso. E il sonetto non fu mai più pubblicato, nemmeno nelle Opere inedite o rare curate dal Bonghi, fino al 1884; quando, di su una copia manoscritta messa in vendita a Parigi, potè stamparlo A. De Gubernatis, nella Revue Internationale (a. I, vol. II, p. 849, fasc. 10 giugno 1884, Firenze) da lui diretta. Posteriormente, Ercole Gnecchi, nel vol. Lettere inedite di A. M., Milano, Cogliati, 1900, p. 151, lo ha ristampato di sull’autografo; che anzi riproduce in facsimile. La nostra stampa, maturalmente, s’attiene scrupolosamente all’autografo. In calce al sonetto è la firma del Manzoni, e la data: 1802.

Il De Gubernatis lo dice composto «pour une dame vénitienne»; ma non credo sia nel vero. Meglio è supporre che l’ispiratrice sia stata quell’angelica Luigina, per la quale il poeta ebbe e serbò vivissimi «sentimenti di venerazione e di devozione», Cfr. Gli anni di noviziato poetico di A. M., avanti al vol. I delle Opere, Milano, Hoepli, 2ª ediz., 1908, p xxxii e lxiii.

Mi par bene riferire le parole con cui il Tommasèo l’annunziava:

«Non aveva il Manzoni compiuti i vent’anni, o già col suo sonetto a Francesco Lomonaco avea mostrato all’Italia poeta ch’e’ dovea sorgere un giorno. Ma prima ancora di quel sonetto, gli amici di quest’ottim’uomo possedevano e conservan tuttora singolari saggi dell’ingegno suo mirabilmente precoce, ch’avrebbero in altri tempi onorato verseggiatori ben più maturi d’età, o di dottrina, e di fama. Noi conosciamo persona dottissima, e cara all’Italia, che del Manzoni possiede un sonetto composto non ancora compiuti i sedici anni; sonetto dove non tanto è da ammirare la coltura dello stile formato a originale imitazione de’ più tersi scrittori del cinquecento, e segnatamente del Casa, quanto la delicatezza d’un sentimento purissimo ed alto. In codesto quasi puerile sonetto, il Poeta dice di riconoscere dall’amore la gentilezza e la nobiltà dell’animo, e conchiude con affermare che queste doti in lui non potranno cambiarsi mai; perché, dic’egli,

Perch’io non posso tralasciar d’amarti.