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358 il cinque maggio


Lui folgorante in solio
     Vide il mio Genio, e tacque;
     Quando con vece assidua
     Cadde, risorse e giacque,
     Di mille voci al sonito
     Mista la sua non ha1.

                         —

Vergin d’amore e d’odio
     Pensoso ora s’arresta
     Dinnanzi a lui che palpito2
     Che speme più non desta,
     E scioglie all’urna un cantico
     Che forse non morrà.

                         —

Vergin di servo encomio
     E di codardo oltraggio
     Sorge commosso al subito
     Sparir di tanto raggio,
     E scioglie all’urna un cantico
     Che forse non morrà.

                         —

Dall’Alpe allo Piramidi,
     Dal Manzanarre al Reno
     Lo scoppio del suo fulmine
     Seguiva il suo baleno,
     Corse da Scilla al Tanai,
     Dall’uno all’altro mar.












     Attonito or s’arresta
     Dinnanzi a lui che immemore
     Speme e timor non desta
     E intuona




Vergin di biasmo ignobile
     Vergin di serva lode
     E di villano insulto3
     Vergin di servo encomio
     E di villano oltraggio4
     Ora si desta al subito5
     Sparir di tanto raggio

  1. In una nitida trascrizione di mano del poeta medesimo, sulla quale è annotato: «presentata il 26 luglio 1821» (forse alla Censura), è questa singolare variante degli ultimi versi, subito cancellata:
    Schiuso per lui de’ candidi
    Inni il tesor non ha.
    Il De Marchi, che l’ha scovata e pubblicata (Spigolature ined. munzoniane, per nozze; e poi Dalle Carte Inedite Manzoniane, Milano, 1914, p. 23), vi sente una «reminiscenza pindarica» (Pitica VI: «è pronto un tesoro di inni»).
  2. immemore [poi cancellato]
  3. Questi tre versi furono cancellati.
  4. Sostituito a insulto, ch’è cancellato.
  5. Sostituito a un verso energicamente cancellato