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342 inni sacri

     Correndo all’abisso, cadeste
     In grembo1 a un’immensa pietà;

E come l’umor, che nel limo
     Errava sotterra smagrito,
     Da subita vena rapito,
     Che al giorno la strada gli fa,

Si lancia, e seguendo l’amiche
     Angustie con ratto gorgoglio,
     Si vede d’in cima2 allo scoglio
     In lucido sgorgo apparir;

Sorgente già puri, e la vetta3,
     Sorgendo, toccaste, dolenti
     E forti, a magnanimi intenti
     Nutrendo nel pianto l’ardir;

Un timido ossequio non veli4
     Le piaghe che il fallo v’impresse5:
     Un segno divino sovr’esse
     La man, che lo chiuse, lasciò.

Tu sola a Lui fosti ritorno
     Ornata dei primo suo dono;
     Te sola più su del perdono
     L’Amor che può tutto locò;

Te sola dall’angue nemico
     Non tocca nè prima, nè poi;
     Dall’angue, che appena su noi
     L’indegna vittoria compiè6,

Traendo l’obliquo rivolto7,
     Rigonfio e tremante, tra l’erba,
     Sentì sulla testa superba»
     Il peso del puro tuo piè.


  1. In braccio
  2. In mezzo [poi cancellato]
  3. la cima [poi cancellato]
  4. celi
  5. In voi dell’antiche ferite Son bollo le margini istesse;
  6. Tutta questa strofetta fu segnata di croce: il poeta si proponeva forse di rifarla.
  7. gli squallidi giri - le squallide spire.