Che diè la penna all'aquila,
Che sul tuo nobil viso
Scrisse il pensier, che ai bamboli
Diè l’inetrabil riso,
Che di sua man fra l’opere
Invan cercando vai,
Quel che adorar non sai
Ma che ti senti in cor;
È un solo: è fuor dei secoli,
Generator perenne;
È Verbo eterno, è Spirito
Che oggi a salvar ti venne.
A Lui dall’empio immagini
La terra alfin ritorni;
E voi cho aprito i giorni
Di più felice età,.....
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Dopo il verso Nel suo dolo pensò?..., ripigliava:
Dalle infeconde lagrime
Una speranza è nata,
Che sugli erbosi [sui deserti] tumuli
Siede pensosa [tranquilla] e guata,
E alzando il dito, al vigilo
Pensiero un calle [segno] accenna,
Che l’immortal sua penna
Tutto varcar [Oltrepassar] non può.
Oh vieni ancora, o fervido
Spiro, nei nostri seni;
Odi, o pietoso, i cantici
Che ti ripeton: Vieni!
A te la fredda Vistola,
A te risuona il Tebro,
A te la Senna e l’Ebro,
E il Sannon mesto a te.
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