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il primo getto 325

     E fe’ promessa......
     Che vana al rischio uscì;
     E poi che in nube il videro
     Ascendere all’empiro,
     Del suo promesso spiro
     Ivi attendeano il dì.
                         [Da omettersi o da rifarsi].

10. Ecco un fragor s'intese
     Qual d'improvviso turbine;
     Fiamma dal ciel discese
     E sovra lor ristè: [Da correggersi].
     Sui labbri indotti [Sui rozzi labbri] il vario
     Mirabil suono Ei pose,
     Da quel parlar [E da quel suon] pensose
     Pender le genti Ei fè.
                              [Rifiutato.]

Innanzi alla nuova forma è notato: Ricominciato il 17 aprile 1819; e in fine: 2 ottobre. «Nessun altro inno ha più pentimenti, cancellature, tentativi di questo», scrive il Bonghi, che vi si sofferma. Io mi limiterò a rilevare che, dopo le prime due strofe, che gli fluirono dalla penna come poi le stampò (salvo che, in luogo de’ vv. 3 e 4 della 1ª, aveva da prima scritto:

Custode e testimonio
Dell’alleanza eterna),


il Manzoni ritentò d’incastrare la tenera e cara similitudine, intorno a cui aveva tanto, e sì vanamente, lavorato nella prima stesura (str. 7ª e 8ª); ma anche questa volta dovè abbandonare per disperata l'impresa. Ecco i più notevoli tra i nuovi rimaneggiamenti:

Come in lor nido [macchia] i parvoli,
Sparsi di piuma lieve,
Cheti la madre aspettano
Che più tornar non deve,
Chè, discendendo al tepido
Nido con l'esca usata,
Per l’aria insanguinata
Cadde percossa al suol...
Siccome augei che trepidi
Invan da lungo il fido
Vol della madre aspettano
Cheti nell’alto nido;
Ella, tornando al tepido
Covo coll’esca usata....
[Ella che a lor sollecita
Reddia coll’esca usata]....