Se il fanciullo in tanta festa
A la madre sua gioconda
Chiederà: che gioja è questa?
— È risorto — gli risponda
. . . . . .
Quei che disse un dì: lasciate
I fanciulli a me venir.
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Nei manoscritti, il principio si presenta in due forme molto diverse. Innanzi alla prima, che va sino alla decima strofa, è la data: 21 giugno 1817. Il Manzoni l’ha abbandonata, ma non cancellata. Le prime tre strofe son molto tormentate da varianti, e rifatte per intero due volte, prima di lasciarle da parte. Sonavano così (la prima stesura della prima strofa non ha ancora a posto i versi tronchi):
- 1. Monte ove Dio discese,
- Ove su l’ardue nuvole
- Le ardenti ale distese
- La gloria del Signor,
- Salve, o pendice eletta,
- Del solitario Sinai
- Salve infocata vetta,
- Ove il Signor posò.
- 2. Ma tu più cara a Dio,
- Sionne, or di silenzio
- Coperta e non d’obblio,
- Vedova de’ tuoi re;
- Tu bella un tempo e libera,
- Che bella ancor sarai,
- Tu che saluto avrai
- Che degno sia di te?
- 3. Poi che su’ colli tuoi
- Scese il potente Spirito,
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- Caliginosa rupe,
- Ove ristette Adonai,
- E su le nubi cupe
- L’ignito solio alzò,
- Salve, o solingo Sinai,
- Ov’ei, fra il tuono e il lampo,
- De’ suoi redenti al campo
- Il suo voler dettò.
- Ma tu che un dì signora
- Fosti di tanti popoli,
- Che il sarai forse ancora,
- Sion, madre di re,
- Sepolta or nel silenzio
- Ma nell’obblio non mai,
- Tu che saluto avrai
- Che degno sia di te?
- Fra la tua doppia cima
- Scese il promesso Spirito,
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