A Te1 che i preghi ascolti e le querele2,
Non come suole il mondo, nè degl’imi3
E de’4 grandi il dolor col suo crudele
Discernimento estimi.
Tu pur, beata, un dì provasti il pianto
Nè il dì verrà che d’oblianza5 il copra:
Anco ogni giorno se ne parla; e tanto
Secol vi corse sopra.
Anco ogni giorno se ne parla e plora
In mille parti; d’ogni tuo contento
Teco la terra si rallegra ancora,
Come di fresco evento.
Tanto d’ogni laudato esser la prima
Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea;6
Tanto piacque al Signor di porre in cima
Questa fanciulla ebrea.
O prole d’Israello, o nell’estremo7
Caduta, o da sì lunga ira contrita,
Non è Costei che in onor tanto avemo,8
Di vostra fede9 uscita?
Non è Davidde il ceppo suo? Con10 Lei
Era il pensier de’ vostri antiqui vati11,
Quando annunziaro i verginal trofei
Sopra12 l’inferno alzati. c
Deh!13 a Lei volgete finalmente i preghi,
Ch’Ella vi salvi, Ella che salva i suoi;
- ↑ Te,
- ↑ querele
- ↑ de gl’imi
- ↑ dei
- ↑ obblianza
- ↑ dovea.
- ↑ ne
l’estremo
- ↑ avemo
- ↑ gente
- ↑ con
- ↑ Vati
- ↑ Sovra
- ↑ Nella prima stampa, invece delle due ultime strofe, ce n’è una sola; ch’è questa:
Deh! alfin nosco invocato il suo gran nome,
Salve, dicendo, o de gli afflitti scampo,
Inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo