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«Se qualche volta la Gertrudina trascorreva a qualche atto un po’ arrogante...», perchè qui la fanciullina è ancor tutta nelle grazie e nei vezzeggiamenti de’ suoi, che la volevano monaca ad ogni costo.

Necessario è l’articolo coi cognomi di donna: la Ristori, la Serrao.

Con quelli d’uomo, l’uso oscilla: l’Alighieri, Garibaldi; Petrarca e il Petrarca.

I nomi di città non hanno l’art., tranne pochi in cui esso n’è parte integrativa; l’Aia, l’Aquila.

Quelli de’ monti, laghi, fiumi ricevono l’articolo. Ma a Firenze lo tacciono davanti a Arno.

69. Il nome preceduto dal poss. mio, tuo, ecc., richiede l’art. I nomi di parentela padre, madre, sorella, fratello ecc., al sing., di regola lo rifiutano; ma si dirà il mi’ babbo, la mia mamma opp. il babbo, la mamma, invece che semplicemente, come in qualche dialetto, babbo, mamma; e, col diminutivo, il mio fratellino, la mia zietta (ma anche la mia zia).

Il sardo omette l’art. anche quando non c’è il possessivo: fradis mius i miei fratelli, torru de campagna torno dalla campagna; viceversa l’usa senza necessità: andai al brazzettu, andare a braccetto.

[Partitivo.]70. Al partitivo («aver della terra al sole) qualche dialetto supplisce talvolta con forme equivalenti: abr. s’á fatte ’na puche de quatrine, ha messo insieme un po’ di danaro; dajje du’ fiquere, dàgli de’ fichi; ma anche l’italiano non sdegnerebbe due fichi.