Pagina:Trabalza - Dal dialetto alla lingua, 1917.pdf/49


— 25 —

semplice come davanti a s impura e agli altri suoni richiedenti lo. Di qui la tendenza degl’Italiani del Nord a scrivere e a dire erroneamente in italiano il scemo (e quel scemo), il zero (mentre si può dire solo un bel zero), il gnocco, il iato, il pseudonimo.

Nell’Italia centrale queste tendenze estreme s’incrociano. Così, ad es., nell’Umbria al romanesco er (v. n. 48) che a Bevagna si usa come il fiorentino il, si contrappone a soli nove chilometri di distanza, a Foligno, il sic. lu, che si ritrova poi anche nelle Marche e nell’Abruzzo: lu pane.

Nella stessa Toscana, a Lucca: il zucchero, li sposi, l’animali.

[Esempi di altre caratteristiche dialettali.]Nel valsuganotto, dinanzi a s impura l’art. masch. singolare si tace del tutto: stivale, lo stivale; e non sempre il femm. si apostrofa dinanzi a vocale: la ánara l’anitra.

Si notino: mil. i roos, sic. li rosi le rose; bol. el fióle le figliole; abr. le perle le perle, le pide i piedi (v. sorte delle finali, n. 41).

§ 2. — L’indeterminativo.


[Forme, troncamento e elisione.]61. Le forme dell’articolo indeterminativo sono pel masch. un, uno, pel femm. una, un’.

Il plurale, naturalmente, manca. Gli uni e gli altri sono pronomi; uni per uniti è aggettivo.

62. Un, troncamento di uno, si adopera ne’ casi in cui il determ. adopera il e davanti a voc.: un cavallo, un eroe; uno negli altri casi in cui si richiede lo: uno sprone.

Un’, forma apostrofata di una, si adopera ne’ casi in cui si usa la apostrofata: un’anima; una negli altri: una sentinella, una sciocchezza.