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C) Nella sezione alto-meridionale tutte le finali si affievoliscono in un’e quasi muta, che può giungere all’estinzione completa: la più resistente è sempre -a (che nell’aquilano, come nell’umbro, non si altera): abruz. cummènde convento, mònece «monaco» frate, jorne giorno, cambagne campagna, cafune «cafoni» contadini, parole parola; ma chela mucchione, quella «mucchiona», quel mucchio, sta manère questa maniera. Il napoletano fa sentire molto meglio le finali, quando non le elide, e restringe l’affievolimento completo quasi al solo -i: anne anni, noce noci, muónece monaci, ogne ogni.

D) Nella sezione merid.-estrema, tutte le finali restano, ma -e, -i sono rappresentate da -i (con restrizioni nelle Puglie e nell’alta Calabria), -o e -u da -u. Questo trattamento, che si chiama per eccellenza siciliano (e che si estende anche alla Sardegna), in Sicilia specialmente si avvera non soltanto nelle finali, ma anche nelle non finali: sic.-cal. aviti avete, sapiri sapere, patri padre, radichi radiche, suli sole, riciviri ricevere, granni grande, cummientu convento, vòsiru «volsero» vollero, beddu munseddu bel[lo] monticello; ma (Cosenza) omo buonu e bravomo, so tempu, so caritati, lu so bisognu; lecc. padre, buenufattore benefattore, rande nuce gran[de] noce, zappe, radeche radiche, sule sole, tiempu tempo, ranaru granaio, fice cridere fece credere.

[Effetti della caduta delle atone.]42. Dalla caduta delle atone (che si estende, come s’è visto, anche alle mediane e iniziali: ven. vèr avere, giutàr aiutare, moroso [a]moroso), derivano vari effetti, come quello di svilupparne altre, specie per render più spedita la pronunzia di certi gruppi consonantici (emil. gioren per giorn giorno, inveren per invern inverno) e l’altro di modificare la stessa tonica (emil. tlär telaio).