Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 14 — |
reccòvete raccolta; sic. mittiricci metterci (mettergli), scutularili bacchiarle (le noci), mitati metà; sard. émine uomo, pónnede porre, piusu più.
Meglio conservati e più fedeli al tipo toscano essi si presentano ne’ centrali.
[La metafonesi ne’ dial. sett. e nei centro-meridionali.]37. Un importante fenomeno, affatto ignoto al toscano e più o meno gagliardo specie ne’ dialetti centro-meridionali, è quello che si determina nelle vocali toniche per effetto delle finali, e che appare nella sua maggior evidenza quando per un mutamento di flessione (nel genere, nel numero, nella persona) la parola viene a terminare in una vocale a cui corrisponda in italiano i o u (e che risalga al lat. i o ŭ).
Nell’alta Italia, generalmente, è solo l’i finale che promove il cambiamento delle toniche e, o e in qualche caso anche di a: piem. camp campo chèmp campi; lomb. cavél capello cavij capelli; emil. znòc ginocchio znuc ginocchi; ven. (Grado) fior fiore fiuri fiori.
Nella vasta zona umbro-marchigiano-romana (e più particolarmente nel territorio a sud di Roma, come poi nell’Abruzzo) il fenomeno appare nella sua maggior complessità, avendosi le più varie alterazioni delle toniche, specie e, o, a, che o si mutano, o si chiudono se aperte, o si dittongano per effetto di -i, -o finali: garzone garzuni garzoni, dolóre duluri dolori, bòe bòve bói bòvi, cane chèni chini cani, cumbagne compagno cumbigne compagni, raperta aperta rapièrte aperto, pàrle parlo pèrle parli, perde perdo pièrdene pèrdono, cerva acerba cièrve acerbo, vecchia viècchie vecchio.
Nel Napoletano é, ó passano a i, u: credo io credo cride tu credi, battagliune battaglioni, chillo quello chella quella; è, ò a iè, uò: tierzo terzo, muorto morto.
In Sicilia e, o diventano i, u qualunque sia la finale: stissu stissa stesso, -a, signuri signura signore, -a, dulure duluri dolore, -i.