Pagina:Trabalza - Dal dialetto alla lingua, 1917.pdf/29


— 5 —

mivocale, si ha il trittongo: iái come in ricambiai, uoi come in suoi, puoi, ecc.

[Iato.]14. Non si ha dittongo, ma semplice vicinanza o successione di vocali, che vien detta iato, quando ognuna di esse, comprese i e u, conserva la propria indipendenza: idea, reale, creato, mio, tuo, due1.

[I e u puri segni ortografici.]15. L’u che integra il suono di q e g (quadro, guado), l’i che integra quello di gl o di c e g palatali (figliolo, spogliai, camicia, valigia) non sono né vocali né semivocali, ma semplici segni, a cui non corrisponde un vero e proprio suono, e però non entrano nella costituzione del dittongo o del trittongo (v. 5 n.).

[Dittonghi mobili uo, ie.]16. Son detti mobili i dittonghi uo, ie, che possono stare in fin di sillaba accentata in vece di o e e: buono (bono), tiepido (tepido). Essi trovansi spesso sostituiti da o, e: ovo, scopre, intero, leggero, ecc., in vece di uovo, scuopre, ecc. Anzi scuopre e leggiero non si usano quasi più.

Quando, mutando la parola, muta l’accento, il dittongo scompare: nuovo, ma novità; muoio ma morire; lieto ma letizia; siedo ma sedere.

Questa norma subisce tuttavia numerose eccezioni: piedistallo, fieramente, diecina, mietitura, fuorché, vuotare, ecc.

§ 3. — Consonanti.


[Suoni gutturale e palatale di c e g.]17. Le regole principali della pronunzia delle consonanti sono, si può dire, contenute nella stessa classificazione che ne abbiamo fatta.



  1. «Gli Abruzzesi mettono spesso, nella pronunzia italiana, fra le due vocali in iato un suono gutturale: idea nella loro bocca diventa idèga; paese, paghése.» (Malagòli)