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suonano aperte), hanno due suoni, l’uno aperto, l’altro stretto, che si sogliono segnare con gli accenti grave e acuto.
Nei casi in cui una stessa parola ha doppio significato, questa medesima duplicità rende accorti sulla differenza di suono, e induce allo sforzo di non confondere, p. es., il frutto della pèsca con l’atto della pésca, i vènti col numero vénti, la ròcca del castello con la rócca da filare, i cervelli vòti coi vóti del cuore.
Per le voci pronominali, numerali, verbali, e i suffissi (mé, dièci, amerèbbe, diligènte, diligènza, veraménte, falliménto, romitòrio, figliòlo, velóce, studióso, nutrizióne, pressióne, ecc.), la distinzione si apprende dalla stessa grammatica.
Per le molte altre, bisogna attenersi alla pratica e ai vocabolari e libri di lettura in cui la differenza è avvertita dal segno, non potendosene dare regole certe e brevi.
La pratica, ad es., ben osservata, insegnerà presto e agevolmente che davanti a -gn, -nn, -lm, -mm, d’ordinario e e o suonano stretti: dégno, régno, élmo, marémma, pénna, sógno, vergógna, cólmo, sómma, sónno, colónna.
[Dittongo.]12. Le vocali i e u (da alcuni dette dolci rispetto a e, o, a, forti) assumono quasi natura o, meglio, ufficio di consonanti, e si chiamano semivocali, quando, incontrandosi con una delle altre, formano con essa un unico suono, cioè un dittongo, che dicesi disteso, quando prima viene la vocale, flàuto; raccolto nel caso inverso, fióre1.
[Trittongo.]13. Quando il dittongo è preceduto da altra se-
- ↑ «Gli Emiliani e altri settentrionali nella pronunzia dei dittonghi con u, trasformano questa semivocale in consonante (v o f) e dicono lavro, flafto, Evropa, vomo, per lauro, flauto, Europa, uomo». (Malagòli)
Oscurano a davanti a u e anche o i Genovesi, dicendo louro in vece di lauro, Oustria in vece di Austria, e Osta per Aosta. (Id.)