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68 il crocifisso

a me era venuta, senza che m’accorgessi subito, una ragazza: scalza, con i capelli neri, pochi e tenuti fermi dietro la testa da una forcella sola. Questi capelli erano come certi regnateli che fanno schifo. Aveva la fronte grassa, ricoperta da ciccelli grinzosi. Una veste sbiadita e vecchia; che non le stava su e doveva tenerla ai fianchi con le mani. Pareva che le fossero caduti addosso chi sa quali trogoli di sporcizie che lasciano le macchie per sempre. Aveva il viso piuttosto tondo e bambinesco, con la bocca grossa, quasi uguale a uno di quei ciccelli della fronte e del collo, attorno al quale teneva un filo diventato immondo. Anche i suoi occhi erano piuttosto tondeggianti e d’un colore lì per lì indefinibile; ma addirittura privi di ogni carattere umano o bestiale. Sembrava che dentro dovessero avere qualche cosa che non lasciava passare niente.

Il punto del Lungotevere a quell’ora era proprio deserto; con i suoi platani brutti e scortecciati. Sembrava che fosse un punto morto di Roma, che da lì attorno a noi, si stendeva lungo il fiume; ma così lontana come se ne fossimo usciti fuori.