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la casa venduta | 63 |
— Ne parleremo fuori.
Disse il signor Achille:
— Sarebbe curiosa che per la serva lei non potesse vendere la casa!
Io risposi:
— Non capisce niente, e non ha nessuna educazione. Ma escirà con me: ci penso io a farla obbedire.
Poi escimmo tutti e cinque insieme. Tecla fu l’ultima, e chiuse la porta.
M’era rimasto tanto da andare a pranzo, e alle due fui puntualissimo dal notaio. Anzi arrivai prima degli altri. Firmai il contratto scritto in carta bollata; e feci la firma più bella che potessi; benchè mi tremasse la mano. Io cercavo di capire se erano contenti di me e se avessi detto qualche cosa che potesse sembrare contrario a come volevo mostrarmi. Aspettavo che mi dicessero se volevano altro da me. Il notaio disse:
— È fatto tutto!
E mise il polverino rosso su la carta bollata. Il signor Leandro mi mandò via, dicendo:
— Può andarsene, signor Torquato!
Io salutai sempre con rispetto, ma nessuno