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un’osteria 27

Noi cominciammo a fumare; e ne offrimmo anche a lei. Questa volta, prima di rispondere, osò guardarci negli occhi, con lo sguardo timido ma così risoluto che sarebbe stato impossibile mentirle o burlare: però, uno di quegli sguardi limpidi che non dicono niente. Poi rispose:

— Non fumo.

Ci dispiacque davvero. La sua voce aveva un suono tale che si capiva bene l’allusione a quegli uomini; ma non si capiva se con ira oppure se rassegnata. Dal suo modo di tenere il viso, ora, pareva che il fumo le piacesse confondendole un poco la testa. Ma ella si sforzava di star calma e di non dare nessun indizio.

Quando rivolse gli occhi a noi un’altra volta, non so perchè Giulio aveva fatto traballare il piatto con un pugno, i suoi occhi erano più sereni e più intenti, presi in un sogno. Nella sua bocca c’era come un sorriso che moriva prima di apparire; con un poco di peluria nel labbro disopra; una peluria, che, contro luce, pareva quasi bianca. Ed io cominciavo a provare quel senso di benessere e di calma, quasi di fiducia, quando si sta accanto ad una donna ch’è