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una sbornia 291


ponevo che anche a me volesse bene come a loro. Allora, la guardavo con collera.

— Che ha stamani, signor Vincenzo?

Io capivo di sbagliare, ero più contento e le sorridevo.

Ma, infine, insomma, perchè m’è venuta la decisione di sposarla? E che penserà di me?

Ora tutto ciò ch’io le dicevo crederà che fosse il principio del mio amore; e ciò mi dispiace. Scommetto che si ricorda benissimo di me, e che crede ch’io voglia burlare. Come faccio a farglielo credere subito? No, non posso incaricare nessuno; e, allora, andrò da me. È meglio che scrivere: scommetto che l’impiegato postale aprirebbe la lettera. Una lettera alla signora Costanza! Ma noi saremo felici; ne son certo. Dio mio, perchè non ci ho pensato prima? E il piccione, che ormai sarà vecchio? E il gatto? Tutto qui in questa casa; in casa mia. Se avremo qualche figlio, ci vorremo! bene anche di più. Mi farò un ritratto anche io e lo manderò ai miei fratelli. Oh, quanto l’amerò! Tutto l’amore che non ho mai avuto. Come sarò commosso quando le dirò: Signora Costanza, vuole essere la mia sposa? E lei mi risponde-