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290 | una sbornia |
tra due muri laterali, si coprivano dì ombre; i cani abbaiavano, i rumori della gente si attenuavano. Tornavo in dietro. Salivo in casa mia e speravo che la signora Costanza fosse andata a letto; ma invece era là, accanto a quel salotto, a leggere il libro dei sogni; mentre i Tre Moschettieri erano chiusi nel mezzo della tavola, con un ferro da calza dentro per segnale delle pagine lette.
Io passavo oltre, fingendo che non l’avessi voluta disturbare; ella alzava la testa come per invitarmi a sedere, ma non osava. Io ci provavo un piacere crudele a vederle far quell’atto; e allora, anche se prima avessi avuto voglia di conversare, non mi sarei fermato più, soddisfatto di comportarmi e di trattarla così! Prima di addormentarmi, immaginavo che mi desse noia leggendo; e sì che non bisbigliava nè meno! Ma non importa; era un pretesto perchè io soffocassi ogni sentimento di amicizia; la quale ormai era innegabile. Tra me e lei era nato qualche cosa, quantunque fosse sempre quella del primo giorno.
Qualche volta mi veniva voglia di schernirla perchè teneva tutte quelle bestie in casa; e sup-