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286 | una sbornia |
a retta nessun altro? Ma, no, d’altra parte mi sembra impossibile; non può esser vero. Che ne penseranno al paese? Ci saranno sempre i colleghi che lasciai? Ma, no, ormai è troppo tardi; sarebbe inutile ch’io le scrivessi.
Eppure i cinque anni passati con lei sono indimenticabili; e andrò qualche volta a rivederla. E se fosse morta, e se fosse malata? Quanta polvere, allora, su la campana di vetro, con quel passerotto mezzo sfondato dall’impagliatura, con le zampette sopra uno stecco a forcella, col piedistallo rotondo e nero. E il piccione morirebbe di fame? E il gallo scenderebbe nel cortile? Anche prima, quel salotto mi dava una sensazione di tristezza che durava lungo tempo: aveva qualche cosa di funebre e anche di sinistro, e dalle tende la luce diveniva dolorosa. Io aprivo subito le finestre perchè entrasse l’aria; ma il salotto rimaneva nondimeno sempre lo stesso. Non ci sono mai stato senza inquietudine, pur sentendo nelle altre stanze la signora Costanza. Ma qualche volta ne provavo un buon senso di pace; e mi veniva voglia di addormentarmici.
Eppure, quando pagavo la mia mesata, an-