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284 una sbornia


nè meno di esserle amico. Credo che, almeno in principio, ella provasse una certa diffidenza di me e anche disinganno. Io la vedevo molte volte triste, e mi pareva che invecchiasse; ma non pensavo a farle continuare quel tentativo di sorriso malinconico più della miseria o della malattia. Nel mezzo del salotto c’era un tavolino ovale con un ricamo quadrato, di lana, a frange, verde e rosso; e sopra questo una campana di vetro, con un passerotto imbalsamato; le due tendine erano divenute quasi gialle. Per tornare un passo a dietro, bisogna dica che la signora Costanza s’affezionava specialmente alle bestie e aveva ancora un piccione così agevole e buono che tutte le mattine saltava sul suo letto beccandole la bocca; un piccione che non la lasciava mai per tutta la casa. Ella lo alzava e lo accarezzava; esso tremava fra le sue mani, guardava non si sa se lei o la stanza con gli occhi dolcissimi. Aveva anche un gallettino a cui non volevano spuntar le penne; il quale dormiva tra le gambe del gatto; e pigolava sempre quando andavamo a mangiare.

Talvolta, fumavo il mio mezzo sigaro senza