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282 una sbornia


casa era pulitissima; ed è stata con me molto gentile. Dalla sua finestra di cucina si poteva vedere la mia, perchè ambedue rispondevano in un cortile tutto incalcinato e stretto. Qualche gatto c’era sempre a miagolare, guardando in su. Le altre finestre, tutte piccole, avevano davanti una tavola con una fila di testi fioriti, quasi tutti grandi. Noi ci attaccavamo i panni da asciugare. La signora Costanza, così si chiama quella che vorrei sposare, lavava molto; e assai volte ho perso tempo stando alla finestra a veder dondolare le sue calze e le sue camice; le calze tutte rosse e le camice di tela greve, con una trinuccia a punta intorno al collo. Quando ella s’affacciava dalla cucina e mi vedeva, arrossiva.

Ma ora, forse capisco perchè non ho mai pensato a parlarle d’amore. M’è successo così altre volte: mi sono innamorato dopo parecchio tempo, quando non ero più vicino. Ma, questa volta, ci penso davvero; e mi meraviglio d’essere stato zitto. Quando tornavo a casa, la trovavo, se non era già buio, a leggere; ella leggeva sempre lo stesso libro da anni e anni: I tre Moschettieri. Alcune pagine erano gialle