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l’ombra della giovinezza | 265 |
e di malata da tanti anni. Ella guardò a lungo, come se avesse voluto fare con tutto il suo comodo; e i suoi occhi chiari, di quel grigio che fa pensare alle pietre dei fiumi, sembravano attaccati, come fossero la stessa cosa, al vetro degli occhiali. Mentre stava per domandare a Livio chi fosse, cominciò a starnutire; e, allora, egli, ripreso dalla sua impazienza, le disse gridando perchè sentisse anche starnutendo:
— Io sono il fratello del signor Orazio Civillini.
La donna, tappandosi con la sinistra la bocca, gli tese la destra; ma egli fece un passo innanzi e si discostò quasi dietro l’uscio. Allora ella, a pena potè parlare, gli disse:
— Si accomodi.
Nella sua voce c’era già quel tono di chi si sente ferito, un poco cupo, di cosa elio fa sentire sempre uno strappo, come un bicchiere quando è stato spaccato; ma nello stesso tempo, un tono di chi è avvezzo a starsene nella sua tristezza senza osare mai niente. Egli sentì in quella voce un rimprovero che lo fece avvedere di quella sua fatuità troppo orgogliosa.