Pagina:Tozzi - Giovani, Treves, 1920.djvu/271

264 l’ombra della giovinezza


era più libero a suo agio come fuori e alla fattoria; e quasi ebbe paura di tutte quelle cose da cui era stato sempre lontano; e ora le presentiva a due passi, e più forti di lui. E, pensando al fratello, che certo era stato lì più d’una volta, se ne maravigliò; come se a un tratto un occhio che dentro di lui non si era ancora aperto, ora fosse addirittura abbacinato. Egli voleva andarsene prima che venissero ad aprirgli; ma pareva che fosse tenuto fermo da un passo strascicante, di ciabatte, che non finiva mai di arrivare dietro l’usciolo. Doveva esserci un corridoio molto lungo, forse! Egli non sapeva che fare e come contenersi. Teneva la testa bassa, ascoltando quel passo; e la rialzò di scatto, non troppo tardi, accorgendosi ch’era stato rinchiuso un foro nel mezzo dell’uscio dal quale dovevano aver guardato. Egli allora, stizzito, fece l’atto di spingere l’usciolo con il gomito; ma in quel mentre fu aperto ed egli vide, di contro alla luce di una finestra proprio in fondo a un corridoio stretto e lungo, una signora piuttosto vecchia, vestita di rosso. Aveva gli occhiali, e il suo viso pareva disossato. Era pallida, con un’aria di stanca