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262 l’ombra della giovinezza


cavallo perchè corresse anche su per le salite; e la sua ira contro di lei cresceva come la schiuma e il sudore del cavallo. Voltò dritto alla stalla, buttò le redini da una parte; e, saltando giù dal legno, gridò allo stalliere:

— Staccalo, dagli la biada. Tra mezz’ora rivado via.

Andando a piedi fin dove ella stava, parlava da sè quasi a voce alta dicendo: «Guarda questo cretino dove mi fa venire a perdere tempo! Ancora, non m’è riescito nè meno a fumare! O dove sta questa stupida? In che casa! E che uscio! Se era chiuso, le facevo vedere che con una spallata lo avrei tirato giù da me, senza ch’ella venisse ad aprirmi!». La casa dove stava la signorina Marsilia Brunacci era proprio sul rigonfio sporgente d’una salita a voltata; piccola e bassa, come una zeppa tra due altre case. Nell’atrio, lercio, quasi buio, con i mattoni scalzati, tutti uno più basso e uno più alto, non più in piatto, c’era l’odore che viene da quei pozzi antichi che una volta facevano dentro i cortili; chiudendoli sopra con una grata di ferro; odore di muffa umida e di erba putrida, Livio, cercando a tentoni, con la punta del pie-