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i butteri di maccarese 231


non era cessato, anzi rinforzava. Decise di sapere quel che facevano. Rasentò, quasi mettendolo sotto, un pastore che gonfiava, soffiando dentro una canna, una pecora dopo averla spellata. Un cane gli andò dietro, abbaiando, fino a un canale irto di cannucce tra le ginestre con i fiori. Il cavallo non ne poteva più e correva alla stracca, a zampe larghe. Il buttero sentiva battere il petto come se ci avesse avuto una stanga dentro; ma si mise alla testa dei mietitori; che, ormai, erano per passare un ponte, di pochi metri, avvallato da una parte, fatto come una gobba puntuta, su l’Arrone; che, tremolando, rifletteva come uno specchio gli olmi e gli eucalipti. Egli, con la voce spezzata dal cuore, gridò:

— Dove andate?

I mietitori si allargarono, allungando il passo, per ficcarsi lo stesso sul ponte. Egli, allora, mise il cavallo di traverso:

— Che volete fare?

I più lontani gridarono:

— Bisogna bruciare le mucchie.

— E perchè? Che vi ha fatto di male il grano? La prendete anche con il grano?