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220 | i butteri di maccarese |
Il mare era di un turchino tutto eguale; e il fumo di un barcone, escito dal porto di Fiumicino, restava nell’aria, benchè il cielo sembrasse pulito; fatto a posta per il sole. In fondo alla pianura, verso il Castello di San Giorgio, dei principi Rospigliosi, c’erano i mietitori, piccoli e corti come le dita della mano, a vederli dal mare. Brulicanti tra le spighe, erano vestiti a colori tutti diseguali; e, attraverso il fiammeggio del calore che tremolava dalla terra, talvolta pareva, tremolando anch’essi, che sparissero dentro una specie di nebbia tra opalina e azzurrastra, che riempiva verso sera le buche della macchia. In un’altra banda della pianura si vedevano le bufale, un poco più scuro della terra rossiccia; mentre le vacche erano già andate da sè, come avevano imparato, ad abbeverarsi alla foce dell’Arrone. Tornate indietro le vacche, toccava alle bufale; e invece i greggi si fermavano più alto della foce.
La mietitura di Maccarese era quasi per terminare. Ma i mietitori erano scontenti di come i «caporali» avevano stabilito le paghe; e, di giorno in giorno, si mostravano sempre di più disposti a far valere le loro ragioni. Una mat-