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i nemici | 217 |
vano niente. Se fossi stato meno nervoso, lo avrei aspettato proprio dentro la sua stanza; ma non potevo stare più fermo e uscii subito dal Ministero per vedere se fosse in casa. Ero fuori di me dall’ira e proponevo di vendicarmi magari picchiandolo con la chiave che stringevo dentro un pugno in fondo alla tasca dei pantaloni. Lo trovai che si pettinava, dopo essersi profumato. Senza nemmeno salutarlo gli dissi:
— Perchè mi hanno mandato nella tua sezione?
Egli mi guardò con un’aria di adirato, e mi rispose togliendo dal pettine i capelli che v’erano rimasti attaccati:
— Sei venuto apposta per domandarmi questa stupidaggine? Io non credevo che tu ne fossi capace. Stai attento alle parole che ti scappano di bocca!
— Ma è possibile, dimmi la Verità, che tu non ne sapessi niente?
Egli rise, rispondendomi:
— Come sei ingenuo! Non capisci che se mi hanno messo nel posto tuo, vuol dire che l’hanno fatto per un dispetto a me?
— A te?