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216 | i nemici |
— Lo dice a me? Io ho creduto che lei non fosse contento di come l’ho sempre trattato.
— Le ripeto che io non ne so niente. E il mio stipendio?
— Ella prenderà sempre lo stesso; ma anche il Papagli avrà uno stipendio eguale al suo; e, naturalmente, presto godrà di tutti i vantaggi che spettavano a lei, se avesse voluto restare qui.
— Ma io non sono stato nemmeno avvertito!
— Se la sbrighi lei con il suo amico: io ho avuto quest’ordine; e anch’io me n’ero sorpreso.
— Le giuro che io...
— Si calmi! Si calmi! Vada a trovare il Papagli.
Io lasciai sul tavolino le carte che avrei dovuto portare con me, e andai a trovare il Papagli. Aprii la sua porta senza nemmeno chiedere il permesso; ed entrai. Egli non c’era e tutte le carte erano al posto, come se egli non fosse venuto in ufficio. Chiesi a un usciere se lo avesse visto, ma egli mi disse che non se ne ricordava. Andai a chiedere lo stesso dagli impiegati delle stanze accanto a quella del Papagli, e tutti mi risposero che non ne sape-